Apro Facebook, scrollo la home e nel giro di due minuti m’imbatto prima nel trailer della seconda stagione di Stranger Things e poi in quello di Ready Player One, il “nuovo” film di Spielberg. Nel giro di pochi frames vengo tramortito da un ciclone di riferimenti: Ghostbusters, Akira, Il gigante di ferro, Thriller e molti altri.
E Dragon’s Lair non ce lo metti?
Penso: cos’hanno in comune questi due prodotti?
Mi rispondo: entrambi non hanno alcun valore sensibile se privati dell’immaginario anni ’80 al quale si aggrappano disperatamente.
Qualcuno dirà che non è vero, che sono prodotti validi anche senza il contesto nel quale sono inseriti. Si può essere d’accordo o meno ma non è questo il punto: il nodo cruciale è che i concept di questi prodotti nascono esclusivamente dall’idea di approfondire un certo immaginario storico e sociale.
Caso Stranger Things: l’idea creativa non è il “Faccio una serie tv su un gruppo di ragazzini degli anni ’80” quanto piuttosto “Faccio una serie tv sugli anni ’80 con un gruppo di ragazzini”.
E’ un problema? Non lo so. Sicuramente è qualcosa su cui riflettere.
In generale, se dovessi scegliere una parola chiave per descrivere l’ultimo decennio sarebbe NOSTALGIA.
Pensate al cinema: stiamo attraversando forse il momento peggiore della storia del mezzo dal 1895, siamo nell’epoca dei remake, sequel, prequel, reboot e quando il film non è legato a queste logiche di mercato quasi sicuramente è tratto da un libro di successo.
Pensate alla televisione: mai come ora stiamo rivivendo programmi in auge diversi anni fa (Sarabanda, Furore, Camera Cafè) che ovviamente invecchiano male.
Pensate ai social: alle pagine da milioni di fan che vivono di ricordi come Machenesannoi2000 o le varie Operazioni Nostalgia.
Pensate al fumetto: qual è attualmente l’autore di maggior successo in Italia? Zerocalcare. E su cosa si basa il suo immaginario artistico?
Indovinate un po’…
Ma quando nasce la passione per la nostalgia?
Qualcuno potrebbe dire con l’avvento di Max Pezzali (uno che era già nostalgico all’epoca degli 883 e che sulla nostalgia della vita di provincia ha scritto le più belle canzoni degli anni ’90).
Francesco Bertolotti in arte… Cisco
Io invece credo che per noi Millennials sia stato decisivo il doppio colpo inferto dall’arrivo dei social e dalla crisi economica.
Parliamoci chiaro: i social network, oltre a permetterci di trovare un cugino di secondo grado in Mozambico, non hanno fatto che acuire la nostra paura del futuro spingendoci a condividerla con chi simpatizza (cum patior: “soffrire insieme”) con noi. Abbiamo esorcizzato tale paura rifugiandoci quotidianamente nell’idea nostalgica del “ciò che è vecchio è bello” e ci siamo rafforzati con like e commenti positivi.
L’industria dell’intrattenimento ovviamente non è rimasta a guardare e ci ha confezionato (e continua a farlo) prodotti che rispondevano alle nostre esigenze di conforto.
Scapperemo mai da questa trappola? Non lo so.
So solo che ora il futuro è oramai un lontano ricordo.
Francesco Pierucci
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